Molecole odorose. Un’antica forma di comunicazione universale.

 A cura di  Antonella Di Noia

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Ecco la primavera. Si sente, si avverte, si percepisce. Anche se non è tangibile i suoi profumi si diffondono nell’aria e ci regalano tante emozioni, un senso di benessere, energia vitale. È il risveglio della natura. Un nuovo ciclo, un altro inizio. Che meraviglia! Ed è fantastico inebriare lo spirito con tutti quegli aromi odorosi che ci giungono da ogni direzione. Essenze di narcisi, violette, primule. Effluvi di rose, di azalee e poi quell’inconfondibile profumo del mare. Che piacevoli sensazioni e quanti ricordi! Odori che si imprimono nella mente ancor più di ciò che stiamo vivendo in certi momenti e poi d’incanto li fanno ritornare. E quegli istanti riaffiorano così nitidi, così presenti, quasi palpabili. Profumi e memoria. Un binomio imprescindibile. E non potrebbe essere altrimenti. Siamo costantemente circondati da migliaia di molecole odorose. Una miriade di segnali e di messaggi che viaggiano nell’aria e che intercettiamo. Raggiungono l’olfatto, il nostro senso ancestrale, e da lì il cervello che li interpreta, li codifica, li cataloga. Alcuni odori ci regalano sensazioni di gradevolezza perché li abbiamo associati a trascorsi piacevoli. Altri invece ci provocano reazioni di ribrezzo perché percepiti durante situazioni in cui abbiamo provato un senso di fastidio o di disgusto. Perciò è tutto molto soggettivo e la risposta allo stimolo odorifero non è affatto univoca, scontata, ma dipende dal tipo di ricordo evocato e dalla particolare sensibilità di ognuno di noi. E poi ci sono gli odori che noi stessi emettiamo. Odori che ci rappresentano e ci accompagnano, che cambiano così come cambiamo noi e si trasformano ad ogni nuovo mutamento fisico e psichico. L’odore della pelle, del sangue, della paura, delle malattie altro non sono che lo specchio di ciò che siamo e di come “funzioniamo”. Sono odori che derivano, in larga misura, da quello che mangiamo, dal nostro metabolismo e dalla capacità delle nostre cellule di produrre enzimi in grado di favorire e accelerare la trasformazione delle sostanze alimentari in nutrienti, ma sono in gran parte determinati anche da quello che sentiamo, dal nostro stato d’animo, dalle emozioni che proviamo. È un’altro modo di raccontare quello che avvertiamo intimamente. Ed è una forma di comunicazione universale. Anche le piante, come dimostrato in recenti studi, “parlano” tra di loro emettendo sostanze odorose. Soprattutto in situazioni di pericolo, quando cioè qualcuna viene aggredita da agenti patogeni, la diffusione da parte della pianta di un particolare odore avvisa le altre della minaccia incombente e le allerta affinché si proteggano. E così, pur avendo un odore di partenza diverso le une dalle altre, perché appartenenti a specie differenti, tutte si uniformano per amplificare il segnale. Cambiano cioè la loro chimica e il loro metabolismo per contrastare gli aggressori, producendo odori repellenti per gli insetti o i parassiti che le attaccano ma allo stesso tempo attraenti per altri tipi di insetti che si nutrono di quei parassiti nocivi. Gli odori quindi sono elementi essenziali per la conservazione e la proliferazione delle specie animali e vegetali. Dall’odore, ancor più che dall’aspetto, si distinguono chiaramente le sostanze utili al benessere dell’organismo e quelle potenzialmente dannose. Il profumo del pane fresco appena sfornato, quello della frutta di stagione appena raccolta o quello di un arrosto che invade tutta la casa e fa venire l’acquolina in bocca, sono certamente diversi dall’odore sgradevole prodotto da cibi avariati, come uova marce, carne putrefatta o latte inacidito, assolutamente da evitare. Eppure, tutte le sostanze odorose hanno qualcosa in comune. Presentano particolari caratteristiche che le contraddistinguono, senza le quali non sarebbero percettibili. Innanzitutto la volatilità, ma anche la liposolubilità e l’idrosolubilità. Vuol dire che queste sostanze, a prescindere dalla loro natura, sono tutte in grado di passare da uno stato liquido o solido ad uno stato gassoso. Se così non fosse, non avrebbero la possibilità di disperdersi nell’aria, di raggiungere la mucosa olfattiva e di produrre stimoli odorosi. Inoltre, la capacità di solubilizzarsi nell’acqua e nei grassi, e quindi di dissolversi nel muco, permette loro di attraversare la barriera protettiva rappresentata dal muco stesso e di legarsi ai chemorecettori, specifici recettori preposti alla ricezione degli stimoli odorosi. Grazie a questi prolungamenti cellulari presenti nella mucosa olfattiva, deputati a captare i segnali chimici provenienti dall’ambiente esterno e a convertirli in segnali elettrici attivi internamente, noi riusciamo ad apprezzare e a distinguere chiaramente una grande varietà di fragranze. Volendo accennare ad una breve categorizzazione delle principali sostanze potenzialmente osmogene, capaci cioè di generare odore, senza alcuna pretesa di tracciare un quadro completo dell’argomento data la sua vastità, si può fare riferimento ad alcuni elementi chimici presenti nella loro struttura molecolare. In base a questi elementi che sono determinanti per l’elaborazione e lo sviluppo degli odori, le sostanze odorifere possono essere raggruppate in alcune classi di composti. Ad esempio, ai composti solforati che contengono zolfo appartengono sostanze come l’acido solfidrico (H2S), un gas dall’inconfondibile odore di uova marce, ma anche composti organici, in particolare proteine animali e vegetali. Infatti, lo zolfo rientra nella composizione di amminoacidi come la cisteina e la metionina e in quella di alcune vitamine come la biotina e la tiamina. I mercaptani o tioli (dal greco theion “zolfo”), che fanno sempre parte di questa categoria sono invece dei liquidi dall’odore nauseabondo simile a quello di cavolo in decomposizione. Dai composti azotati, invece, derivano quegli odori aspri e irritanti come quello dell’ammoniaca e dei suoi derivati, le ammine, che si riconoscono dal tipico aroma pungente di pesce. Mentre al gruppo dei composti ossigenati afferiscono l’etere etilico, un solvente organico dall’intenso odore di alcol, e gli esteri della frutta, molecole che si formano dalla condensazione di un alcol con un acido carbossilico e che sprigionano un gradevole odore dolciastro. Un forte odore dolce viene prodotto anche dalle aldeidi, gli alcoli deidrogenati, mentre i chetoni ne formano uno molto sgradevole. In particolare l’acetone, che rappresenta nell’organismo umano un prodotto del metabolismo dei lipidi e che viene eliminato attraverso la respirazione, conferisce all’alito un caratteristico odore molto acre. Anche altri tipi di composti, come gli acidi grassi volatili, emanano un odore fastidioso, pungente, di rancido. Invece i terpeni o isopreni, un vasto ed eterogeneo gruppo di composti organici molto diffusi in natura come costituenti della resina vegetale e di diversi oli essenziali estratti da varie piante, sprigionano odori piacevoli di fiori, di bosco, di piante aromatiche e per questa ragione sono molto utilizzati nell’industria cosmetica e farmaceutica. La natura, dunque, è la nostra vera forza, la nostra ricchezza, un’immensa fonte di ispirazione, un’ineguagliabile opera d’arte, un quadro vivo in cui immergerci e godere dei suoi meravigliosi profumi e della sua grande bellezza.

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